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Così alleniamo i cani a riconoscere i veleni

23/03/2020

C'è un'arma importante per individuare le esche avvelenate ed è il naso dei cani. Raffaella Cocco, ricercatrice del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Sassari, è stata la prima in Italia ad insegnare ai cani come riconoscere i bocconi. Si tratta di uno strumendo decisivo per prevenire questo crimine e aiutare le forze di polizia a individuare i responsabili.
Com'è iniziato tutto?
Con la presentazione del progetto Life nel momento in cui, per affrontare la minaccia rappresentata dagli avvelenamenti, si è pensato di costituire un'unità cinofila antiveleno.

Perché si è pensato proprio alla struttura del Dipartimento di Medicina Veterinaria?
Da vent'anni lavoriamo su un nostro metodo per la formazione dei cani a 360 gradi: ci occupiamo di pet, assistenza ai disabili, educazione di base, risoluzione problemi comportamentali (tirare il guinzaglio, aggressività, e così via). Preparare un cane alla ricerca veleni è stata una sfida che abbiamo raccolto volentieri, utilizzando il nostro metodo nella discriminazione dei veleni.
Che tipo di cane serve per un servizio del genere?
Tutti i cani possono essere preparati nella ricerca dei veleni perché si lavora sulla capacità olfattiva che è una qualità di tutti. Proprio per questo, più che sull'olfatto è necessario insistere sulle qualità atletiche e fisiche perché far parte di un nucleo cinofilo è molto impegnativo principalmente per l'ampiezza e l'asprezza del territorio. Chi, ad esempio, conosce il Bosano sa di cosa sto parlando.
Chi è stato il primo cane coinvolto nel progetto?
Quando ho deciso di intraprendere questo percorso ho pensato di prendere un pastore tedesco grigio con delle qualità attitudine specifiche al lavoro. Abbiamo scelto King in un allevamento del Trentino per la sua particolare selezione genetica. Aveva due mesi e venti giorni ma abbiamo iniziato subito educandolo al chiuso a discriminare gli odori e a socializzare, per togliergli la carica di aggressività che ha ereditato dalla famiglia. King ha sicuramente un carattere impegnativo: è forte e giocherellone. Per questo abbiamo lavorato tantissimo sulle esperienze e conoscenze. Quando il grande addestratore spagnolo Julio Redondo Montalban è venuto in Sardegna per valutare il lavoro che facevo sui cani, aveva espresso delle perplessità su di lui, proprio perché lo considerava troppo forte. Però ha visto che lavorava tanto e alla fine gli ha regalato la pettorina di Lobo, il suo cane/partner più famoso. Successivamente abbiamo lavorato con un altro addestratore di respiro internazionale, Raul Molina, che ha valutato molto positivamente i suoi progressi.

Com'è proseguita la preparazione?
Dopo l'attività al chiuso, che è servita anche per iniziare a discriminare gli oggetti, ci siamo spostati all'esterno, rendendo sempre più difficile il nascondiglio degli oggetti e provando con i bocconi avvelenati che all'inizio erano protetti. Abbiamo insegnato a King a sedersi e ad abbaiare a ogni ritrovamento. Quando porta a termine il lavoro con successo gli diamo un rinforzo positivo, cioè un gioco: un pallina per cui farebbe qualsiasi cose. Con il passare del tempo il rinforzo è diventato anche la gratificazione per il ritrovamento: a King piace molto cercare il veleno.

È necessario un allenamento continuo?
Si, soprattutto per la parte fisica: King si allena due ore al giorno, in certi periodi ha necessità di lavorare molto, più mezzora sull'autocontrollo. Per quanto riguarda la ricerca veleni si allena una volta alla settimana che è un periodo sufficiente per mantenere una buona prestazione.

Dopo King sono arrivati altri cani.
Il resto dell'Nucleo cinofilo antiveleno è nato nel momento in cui si è aggiunto un gruppo di volontari della Croce gialla di Ploaghe. I loro cani avevano iniziato un percorso di ricerca in superficie. Abbiamo così iniziato a lavorare con Mia, Vita e Otti, tre cani già brevettati come coterapeuti. Ora hanno raggiunto il brevetto per la ricerca dei veleni.